La Fondazione, assecondando la richiesta degli enti locali e lo spirito che dalla nascita la contraddistingue, ha istituito il settore “altre colture” per affrontare il problema dell’abbandono dei terrazzamenti vitati.
Il lavoro intrapreso ha, in parte, indicato una soluzione al fenomeno con l’introduzione o il ripristino di colture in grado di consentire un certo reddito e, allo stesso tempo, fornire prodotti sani con importanti peculiarità intrinseche legate all’ambiente di coltivazione.
Sperimentazione e messa in campo di diverse colture; una valida risposta alla crescente domanda locale di alternative alla vite, coltura incontrastata nel passato meno recente.
Olivo
La coltivazione dell'olivo in Valtellina è molto recente, basta infatti guardare al passato per rendersi conto di come questa specie fosse praticamente sconosciuta a livello locale. La Valtellina, come tutte le valli alpine, ha soddisfatto per generazioni il suo fabbisogno lipidico, attraverso l'allevamento animale: il burro, il lardo e lo strutto hanno da sempre rappresentato le principali fonti di approvvigionamento di questo importante fattore della nutrizione.
Questa cultura, unita alla scarsità di terreno coltivo a disposizione e a condizioni climatiche periodicamente sfavorevoli, hanno fortemente limitato la diffusione e la sopravvivenza di questa specie in valle. In questi ultimi anni, a seguito del susseguirsi di inverni miti, alla propaganda salutistica legata al consumo di olio di oliva e alla necessità di trovare colture alternative alla vite che possano arginare il fenomeno dell'abbandono dei terreni e del degrado del paesaggio terrazzato, la diffusione dell'olivo sta suscitando un notevole interesse.
Un primo campo sperimentale è stato realizzato nel 1996 dalla Fondazione; successivamente piante di altre varietà sono state messe a dimora, in concomitanza al crescente interesse verso questa coltura. La Valtellina, nonostante la sua posizione geografica molto settentrionale, con il versante retico terrazzato esposto a sud e ben riparato dalla catena alpina, ben si presta a questo tipo di coltivazione. Considerando le potenzialità della coltura, nuova per la Valtellina, ma molto sensibile al gelo che può comprometterne la sopravvivenza, si rende necessario e prioritario per la Fondazione lo studio delle differenze varietali e di tutte quelle tecniche agronomiche atte a limitare i danni in caso di freddo o abbondanti nevicate.
Orto
Continuano le prove varietali di primo livello sui principali prodotti orticoli adatti all'ambiente montano. Le principali specie testate sono: insalata, zucchina e cavolfiore.
Nei prossimi anni verranno messe a confronto sia le varietà che hanno dato i migliori risultati sia varietà emergenti sul mercato.
Altre specie (pomodoro, peperone, melanzana e melone) vengono coltivate e studiate fuori suolo, utilizzando le serre a disposizione presso la Fondazione.
È di fondamentale importanza, per un areale di montagna dove i costi di produzione sono, per causa di forza maggiore, superiori alla pianura, riuscire a sfruttare le caratteristiche peculiari dell'ambiente, puntando su produzioni di maggior qualità e caratterizzazione dei prodotti ottenuti, al fine di puntare su una propria particolare nicchia di mercato.
I risultati attesi permetteranno di avere a disposizione dati concreti e indicazioni precise sulle varietà, sui tempi e modalità di coltivazione.
Patate
Un posto da protagonista tra le colture orticole è occupato dalla patata. La natura del terreno e il clima di montagna uniti a una scelta varietale oculata, permettono di ottenere tuberi con caratteristiche culinarie ottimali, facilmente distinguibili da quelli commerciali.
In questi ultimi anni, in collaborazione con diverse ditte sementiere, sono state recuperate ed eseguite prove su diverse varietà di patata, a pasta bianca, gialla, rosata e blu, con diverse forme e colorazione della buccia.
Alcune di queste varietà hanno la peculiarità di avere tempi di dormienza molto lunghi, evitando quindi il problema del germogliamento primaverile.
Queste indagini proseguiranno anche in futuro onde individuare quelle tipologie adatte ai nostri ambienti adottando come parametri di scelta varietale la rusticità e la resistenza alle malattie, la resa produttiva, l'uniformità di pezzatura e, in primis, le caratteristiche organolettiche dei tuberi in funzione dei vari usi culinari.
Sono inoltre state eseguite prove di concimazione e di lotta alle principali avversità della coltura.
Mais
Nonostante la provenienza americana di questa specie, la sua coltivazione sui nostri territori si è talmente diffusa da farla considerare una specie tradizionale.
La polenta infatti con tutte le sue varianti locali è diventata il piatto principe delle popolazioni alpine tanto da attribuire loro il nome di "polentoni".
Anche la coltivazione del mais, prima dell'arrivo degli ibridi moderni destinati all'alimentazione animale, presentava molte varianti locali, tanto che ad ogni zona corrispondeva un ecotipo locale con caratteristiche specifiche, oltre che di adattamento a quel particolare microambiente.
Il CRA MAC (Unità di ricerca per la maiscoltura) di Bergamo negli anni '50 ha eseguito un lavoro di recupero e di conservazione di queste tipologie tradizionali, tra le quali alcune sono state recuperate anche in provincia di Sondrio.
Si tratta principalmente di tipologie destinate all'alimentazione umana, a granella vitrea o semivitrea, e cioè ideali per la trasformazione in farina da polenta.
Essendo la polenta un piatto ancora molto in uso nella nostra cucina ed essendo le farine in commercio tutte di provenienza industriale, si rende necessario individuare quelle tipologie locali che meglio si adattano al nostro ambiente e che garantiscano una buona resa produttiva e una elevata qualità della farina.
Zafferano
Da sempre lo zafferano suscita un fascino indiscusso, forse perché il suo valore di mercato è vicino alle quotazioni dell'oro e per questo volgarmente chiamato "oro rosso", forse perché in passato è stato tutelato da leggi che ne proibivano la coltivazione o, forse, solamente perché è una pianta molto semplice con un fiore dai colori stupendi e sgargianti che compaiono in un periodo quando la natura si prepara al riposo invernale.
La Valtellina si è subito dimostrata un ambiente vocato a questa coltura perciò, considerati i buoni risultati e la qualità eccellente dello zafferano ottenuto, in molti si sono cimentati nella sua coltivazione.
Trattandosi di una sola specie, coltivata perlopiù nei paesi mediterranei, le prove sono rivolte a individuare gli ecotipi che sono in grado di dare i migliori risultati oltre che a effettuare prove di concimazioni, correzioni del terreno, dimostrazioni sulle tecniche di coltivazione, raccolta dei fiori, ottenimento della spezia.
Grano saraceno, segale e cereali minori